Quando è stata l’ultima volta che ti sei sentita padrona del tuo tempo? Fermati un istante e pensaci: questa è la prima volta della tua nuova vita.
Il viaggio in tram di questa mattina mi ha regalato un’altra preziosa rivelazione.
Ero immersa nel mio romanzo quando una conversazione si è sovrapposta alle parole che si snodavano sotto i miei occhi.
– Ciao Sabrina!
-Alessandra, ciao come stai? Come sei abbronzata!
E da lì prende il via una chiacchierata tutta femminile sul recente soggiorno in Romagna con i nipotini, vacanza che continua la bella tradizione iniziata tanti anni prima, quando i figli erano piccoli. Insomma: stessa spiaggia, stesso mare, stessa pensione, stesso ombrellone, stessa piadina…
Mi impongo di non alzare gli occhi, voglio fingere che sia una specie di radiodramma così da potermi figurare l’aspetto dei personaggi. Darò una sbirciatina solo alla fine per vedere se e quanto ci ho preso.
Alessandra, la nonna, e Sabrina hanno l’aria di conoscersi dai tempi in cui i loro figli (due figlie e un figlio Alessandra; due figli Sabrina) andavano alla scuola materna. La nonna, come oggi accade spesso, è ancora figlia e si prende cura anche dei genitori anziani. Sabrina, al confronto, sembra una single un pò sventata, persino leggermente cinica:
– Che liberazione quando anche l’ultimo figlio è uscito di casa! Sono tornata padrona del mio tempo.
-Ma non ti senti inutile?
-Ehm…veramente no. Adesso sto facendo la startupper – sgignazza autoironica – mi sono inventata un’attività per assistere le donne extracomunitarie che vogliono entrare nel mondo del lavoro. Presto loro anche i vestiti per il colloquio di selezione.
Caspita…Questa me la segno! Vorrei sbirciare, solamente un pochino, almeno per vedere com’è vestita questa Sabrina. Resisto.
-Bello, ma no, io non potrei mai. Proprio non ho il tempo. Sai la famiglia, la casa, il marito, i nipoti, i genitori me lo portano via tutto.
-Ops, scusa Alessandra, questa è la mia fermata. Ci sentiamo. Passa una bella estate.
Alzo la testa di scatto, ma Sabrina è già saltata giù dal tram. Chissà se è davvero la sua fermata. Le porte si chiudono con il consueto rumore di persiane sbattute dal vento. Però un’occhiata a questa benedetta Sabrina riesco a darla. Niente di speciale: capelli corti brizzolati, occhiali, camicia bianca, pantaloni neri, mocassini, borsa a tracolla un pò troppo grande per la sua statura.
E ora Alessandra. Dimostra una decina d’anni più dell’amica, a occhio. È abbronzata, quello sì. L’abito molto morbido di viscosa turchese taglia 48 segna qua e là qualche cedimento strutturale sottostante. Dai sandali bianchi bassi a fascia spiccano unghie rosso vermiglio laccate non proprio di recente. I capelli lisci a media lunghezza virano un pò troppo al carota. Gli occhi verdi sembrano velati e come soffocati dalle palpebre appesantite. Alessandra fruga nella borsetta rossa e estrae il cellulare.
-Ciao mamma, no, non vengo a pranzo oggi…No, scusami, non ho tempo…Non sei sola, c’è il papà…Sì, dai, guardala tu e poi me lo racconti…Sì, sì ti chiamo alle tre. Ciao, ciao, ciao, ciao.
Scende alla fermata davanti a Zara. Chissà se è davvero la sua fermata. Spero di no, spero che lo abbia deciso proprio in questo istante. Spero che si compri una bella casacca bianca e dei pantaloni neri. Se li merita. È il primo giorno della sua nuova vita.