Quanto vale la tua autostima? Attento alla trappola del prezzo fisso! Ti conviene liquidare al più presto la pericolosa illusione che tutto il mondo debba tributarti il valore che reclami senza assumertene la responsabilità.
Autostima – siamo d’accordo?- significa il valore che ciascuno di noi si attribuisce. La costruzione di valore è un processo lungo al quale contribuiscono molti e svariati fattori. Ma soprattutto è un lavoro in continuo aggiornamento che muta di giorno in giorno con le azioni – e le scelte – che ciascuno compie.
“Non sono mai gentili con la gente, sono gentili con le carte di credito”. Richard Gere Pretty Woman
Una delle caratteristiche più straordinarie del nostro tempo è la possibilità di fare acquisti senza maneggiare il denaro. Possiamo partire teoricamente anche senza bagaglio, poiché la nostra carta di credito ci permette di acquistare ovunque ciò di cui abbiamo bisogno. Possiamo persino, stando comodamente seduti davanti allo schermo del computer, comperare ciò che desideriamo e farcelo consegnare a casa.
Negoziare significa mettersi in affari usando i propri talenti
Che tutto abbia un prezzo lo sappiamo. Siamo abituati alle etichette lunghe 15 centimetri che ci informano quanto costa un articolo nelle principali valute del pianeta. Ma qual è il valore delle cose? Questo siamo sempre meno attrezzati a ponderarlo.

Dipende da quanto tu sarai disposto a
metterla in circolazione.
Anni fa mi avventurai nel Gran Bazar di Istanbul con l’ignorante leggerezza dell’acquirente occidentale.
Mi era stato detto che dovevo mercanteggiare e lo feci come avevo visto fare sulle spiagge del nostro paese, dove capannelli di bagnanti annoiati si divertono a tirare sul prezzo delle merci proposte da un senegalese (non di rado un avvocato o un ingegnere), trattandolo come un poveraccio, disposto a cedere la propria mercanzia a qualunque prezzo, pur di mettere insieme i soldi per il pranzo.
Cosa feci dunque? Quando il venditore del bazar mi propose un prezzo io glielo dimezzai. Fine della trattativa. Quello mi guardò con l’aria di disprezzo, io ci rimasi male (“ma chi si crede di essere“) e girai sui tacchi piccata. Cosa era accaduto? L’avevo offeso! Deprezzando la sua merce avevo disprezzato lui e la sua offerta che, prima di essere una proposta di transazione commerciale, era un’offerta di relazione tra persone. Non l’avevo capito, non ero culturalmente preparata per accoglierla.
Potremmo estendere questo esempio a tutte le volte che, troppo ignoranti per comprendere le differenze, disprezziamo ciò che ci viene proposto, ma questa riflessione ci porterebbe lontano, facendoci approdare su altri lidi. Ciò che intendo ora è che se non siamo in grado di negoziare non potremo mai sapere quanto l’altro è disposto a investire nella relazione con noi. Ed è qui che il seme della mala erba della cosiddetta mancanza di autostima trova terreno fertile.
Meno pensiamo di valere, più pretendiamo che l’altro investa le sue risorse per avallare le nostre azioni.

Questa mattina un funzionario di banca mi ha detto ciondolando il capo sconsolato: “Qui non funziona niente”. Avevo già avuto modo di osservarlo in altre occasioni mentre provava maldestramente a tener testa ai clienti arrabbiati per l’inefficienza del sistema.
Come può una persona tornare a casa contenta la sera sapendo di aver fatto bene il proprio lavoro? Un’organizzazione mediocre che manda al massacro i propri dipendenti svaluta le persone scaricando su di esse la propria inefficienza. Quante volte facciamo lo stesso con le persone che ci sono vicine?
Come mai sono proprio coloro che diciamo di stimare e persino di amare a fare le spese della nostra inadeguatezza?
Assisto continuamente, al supermercato come per la strada, a manifestazioni di piccole e grandi tirannie esercitate da figli adolescenti spaventati verso le madri accondiscendenti; da mogli frustrate dall’insignificanza non meno che da mariti irranciditi dagli insuccessi; da amanti furiosi verso invisibili amori dentro un cellulare…
Criceti nella ruota

Se lasci che sia il caso a decidere stai giocando d’azzardo.
Il valore di una persona – i selezionatori competenti lo sanno – non si misura dalla lunghezza del suo curriculum ma dal come mostra di saper generare valore nell’azienda che lo assumerà. Un imprenditore che sottoponga le persone che lavorano per lui a remunerazioni ridicole e condizioni offensive si sta comportando come il bagnante che tratta da mendicante l’ingegnere che fa l’ambulante sulla spiaggia.
Quanto vale la tua autostima? Il prezzo lo fai tu!
Se stai partecipando a un colloquio dove un interlocutore insiste per sapere quanto tu sei disposto a investire, molto probabilmente la domanda è: “tu che valore mi dai?” .
E dunque, come comportarsi? Dipende da te: da cosa vuoi raggiungere; da cosa vuoi assolutamente evitare; da cosa sei in grado di mettere sul tavolo della trattativa; da cosa sei disposto a lasciare per acquisire cosa. Di una cosa puoi essere certo: per scambiare il tuo valore nel mercato del lavoro – non meno che in quello delle relazioni – devi essere in grado di fare la tua stima. Ecco cos’è l’autostima!
Qual è la misura del tuo valore?
Dipende dal contesto. Se stai pretendendo più di quanto l’altro sia in grado di scambiare con te oppure troppo poco rispetto valore che lui ti sta attribuendo (e bastano pochi secondi perché ciò accada) hai già perso la partita ed è meglio girare sui tacchi e uscire di scena, possibilmente con autoironia. Se invece riesci a stabilire un contatto (e bastano pochi secondi), il prezzo lo farete insieme e sarà conveniente per entrambi.
Rompi l’incantesimo

Spendi le risorse che hai accumulato per trarne profitto
Esci dalla malia dell’autocommiserazione! Puoi provare con qualche semplice esperimento del laboratorio di comunicazione, in un ambiente protetto, dove puoi metterti al lavoro senza correre alcun rischio. Tornerai a casa sapendo di aver fatto un buon lavoro, utile per te di cui andare fiero.