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Ascoltare l’altro per imparare qualcosa di sé

ascoltare per imparare

ascoltare è il modo più naturale per apprendere qualcosa, anche di se stessi.

Le persone, in genere, amano parlare di sé: è questo il motivo del successo dei social network. Ma chi ascolta? Ascoltare – che significa anche leggere con attenzione, osservare con cura, sintonizzarsi con l’altro – pare essere un’attività meno attraente. Come mai? Dopotutto quando si parla lo si fa perché qualcuno ascolti.

Ascoltare è più che un gesto meccanico, richiede che si tenga conto dell’altro

Ascoltare è fare silenzio

Il silenzio, inteso come assenza di suoni, dovrebbe essere la condizione ottimale per favorire l’ascolto: se tacendo creo uno spazio libero, posso prestare orecchio a chi mi parla. E se sono in molti a parlare, tutti insieme? Come è possibile ascoltare? Dove dirigere l’attenzione?

Esperienza quotidiana: controllare continuamente lo smartphone, questo piccolo apparecchio che pesa come un mattone nelle nostre tasche. Cosa andiamo cercando? Come può il trillo di una notifica avere la forza di staccarmi dalla conversazione con chi ho davanti: amico che mi parla, attore sul palcoscenico, oratore, docente, programma televisivo…

Abbiamo imparato la definizione di multitasking, multiprocessualità, come se ciò che funziona per un computer – il termine è stato coniato negli anni ’60 da IBM – fosse funzionale anche per le persone. Ma non è così. Spostare continuamente l’attenzione da un’attività all’altra ci fa sprecare tempo anziché farcelo guadagnare come ci illudiamo; rallenta il lavoro; abbassa la qualità generale del pensiero. Ci impoverisce.

Silenzi assordanti

E se tanta frenesia di comunicare fosse utile a schermarci da altro, dalla paura del silenzio? Patiamo un horror vacui che ci spinge a trasformare ogni spazio in stanze sovraccariche di mobili e suppellettili dove diventa impossibile muoversi.

Facciamo ricreazione

L’impossibilità di muoversi e di lanciare avanti l’immaginazione è la condizione di chi è stato privato della libertà. Tra vivere in cattività e diventare cattivi c’è appena un passo.

Occorre cercare una via d’uscita dallo spazio sovraffollato del nostro quotidiano multitasking e provare a ricreare uno spazio libero dove mettersi in ascolto.

Cingi di grandi muri chi ti sogni.

Quindi, dove è visibile il giardino

attraverso il portone dalla grata cortese,

poni tutti i fiori più allegri,

perché ti conoscano soltanto così.

Ove nessuno lo vede non porre più nulla. […]

Fernando Pessoa

Che ci fa la poesia?

La poesia ci fa essere umani. La parola stessa, poesia, deriva dal verbo greco che significa fare. Creare il mondo con le parole e poi abitarlo: questo è ciò che distingue l‘intelligenza umana dall’intelligenza artificiale, di per sé assai più prestante (qualcuno direbbe performante) della nostra.

La poesia, insieme alla musica e alle arti figurative, è capace di aprire davanti a noi spazi liberi dove ascoltare. In questo spazio i suoni, le immagini, le parole si espandono, creano una eco che ci rimanda la nostra voce.

Supportare in silenzio

Apprendere a sopportare il silenzio significa creare la possibilità di cogliere i segnali che provengono da fuori non meno che da dentro ciascuno di noi scegliere come interpretarli, con quale intenzione. Cosa è importante? A cosa tendiamo? Come ci in tendiamo tra di noi? Ascoltare è fare il silenzio che crea spazio per le domande e ci trasforma da silhouette di profilo in persone in 3D.

Ascoltare l’altro è una delle 10 Vitabilità di Metodo Colloquio. Per conoscere le altre leggi questi articoli:

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