Lasciare spazio alle risposte – diciamolo subito – significa spesso rinunciare ad avere l’ultima parola. Attenzione: siamo sul punto di fare un doppio salto mortale per trasformare la nostra configurazione di base. Se non vi sentite pronti, lasciate perdere questo articolo.

Chi vuole avere ragione cerca sempre di avere l’ultima parola.
La tentazione di essere quello/a che pronuncia l’ultima parola è forte, fortissima, anzi irresistibile perché dire l’ultima parola significa chiudere una questione, mettendoci il sigillo della propria incontestabile autorità. Da qui a convincersi di aver ragione il passo è breve, anche se, avere ragione non basta, occorre anche che l’altro te la riconosca.
Non c’è più pazzo al mondo di chi crede d’aver ragione.
Luigi Pirandello
Proviamo ora a cambiare configurazione. Supponiamo per un istante che in una discussione l’avere ragione sia una questione di poca o nessuna importanza. Che accade? La discussione si trasforma in dialogo. Nel dialogo ciascuno porta il proprio contributo e, se i due interlocutori sono seriamente intenzionati a ricavarne qualcosa di utile per entrambi, cercheranno di aggiungere, ciascuno, un elemento nuovo. Semplice, molto più semplice che misurarsi su posizioni contrapposte.
Quando reagisci al un’altra persona è lei che controlla il contesto.
Semplice sì, ma non facile da mettere in pratica poiché oltre a ciò che diciamo esiste anche ciò che ci diciamo. Quante volte usciamo da un colloquio avendo la sensazione che qualcosa non sia andato per il verso giusto? Se ripercorriamo la sequenza di domande-risposte tutto sembra perfetto, eppure c’è stato qualche segnale che ci ha messo a disagio: una parola, il tono di una domanda un gesto o un’espressione che significavano altro. Insomma, un interlocutore ha condotto il gioco, l’altro ha reagito.
Chi ha allenato la capacità di osservarsi è anche in grado di fermare il gioco e sciogliere il nodo che si sta creando nella comunicazione. Così facendo si porta alla luce la questione sottostante, mettendo in chiaro che uno o tutti e due gli interlocutori stanno cercando di affermare la propria ragione a discapito dell’altro.
Ma tu, cosa vuoi veramente?
L’automatismo che costringe alcune persone a confrontarsi avendo come unico scopo ottenere che gli si dia ragione mi sembra una dichiarazione di debolezza.
Assisto, non di rado, a vere e proprie scenate di individui che, alla fine, non portano a casa alcun risultato pratico se non quello di aver sfogato la propria frustrazione. Ecco, questo è lo scopo del loro sbraitare! Il cameriere scortese, il funzionario incompetente, l’automobilista prepotente sono pretesti per inscenare una protesta contro la malvagità e l’indifferenza del mondo nei loro confronti.
Qual è il tuo quoziente di ascolto?
Se siamo d’accordo che intelligenza è un
complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, e lo rendono insieme capace di adattarsi a situazioni nuove e di modificare la situazione stessa quando questa presenta ostacoli all’adattamento…
allora dobbiamo riconoscere che l’ascolto – e la capacità di lasciare spazio di parola all’altro – sono parte integrante dell’intelligenza. In che misura non saprei dirlo. Non sono nemmeno convinta che a un alto quoziente di intelligenza corrisponda un ipotetico quoziente di ascolto altrettanto elevato, tuttavia sappiamo che se non ascoltiamo le parole dell’altro ci precludiamo molte possibilità di comprendere i fatti.
Lasciare spazio per arricchire la nostra intelligenza
Lasciare spazio alle risposte e alle proposte dell’altro è un poco come arredare una casa o un ufficio per farne luoghi dove accogliere e mettere a suo agio l’ospite – parlare con. All’opposto, gli ambienti già pieni di mobili e oggetti sono pensati per parlare di, cioè di chi vi dimora.
Lasciare spazio per disinnescare la prepotenza
Quando ci comportiamo come se l’attacco fosse sempre la miglior difesa abbiamo già decretato la nostra sconfitta. I dibattiti televisivi in cui ognuno parla sopra l’altro sono esempi quotidiani di prepotenza: deve apparire ben chiaro chi comanda e, dunque ha ragione. Chi trae vantaggio da ciò? Certamente non gli spettatori che non hanno capito nulla; non “il perdente” che si è sgolato invano e, in definitiva, neppure “il vincitore”che ha fatto terra bruciata intorno a sé.
Lasciare spazio significa non capitolare, bensì definire i confini del confronto e, dunque, governare la comunicazione. Lasciando spazio si vanifica l’esercizio della prepotenza di chi cerca di affermare a ogni costo la propria supremazia di una ragione sull’altra.
Infine esercitandoci a lasciare spazio nella comunicazione, ci addestriamo a lasciare andare, insieme all’illusoria tentazione di avere sempre ragione, il gravoso bagaglio di convinzioni e oggetti che non sono più utili.
Nel film Tra le nuvole il protagonista Ryan Bingham – un tagliatore di teste itinerante cui viene affidato il tirocinio di una stagista – impartisce alla sua allieva una breve ed esemplare dimostrazione sul campo di come si viaggia leggeri. Chi abbia visto il film per intero obietterà che la morale della storia va in direzione opposta e che i valori che contano sono diversi da quelli promossi da Bingham nel suo seminario. Certamente sì!
La storia di una persona pronta a prendere il volo
È un dato di fatto che se metti in pratica alcuni accorgimenti per cavartela al check in viaggi meglio, e se rivedi periodicamente le tue convinzioni sei più pronto ad affrontare le situazioni. È una questione di abilità, skills, per rendere migliore la tua vita.