Site icon Metodo Colloquio

Mettiti nei tuoi panni e dillo con parole mie

dietro a una camicia stirata c'è un progetto di vita

Chi provvede a lavare e stirare le tue camicie?Quella persona si è presa una responsabilità nei tuoi confronti, anche se nemmeno ti conosce

L’esortazione: “Mettiti nei tuoi panni“, vi suona stonata? Certamente! Stando al (buon) senso comune dovremmo dire: “Mettiti nei miei panni“. Bene, ecco il punto: diamo per scontato (per averlo sempre sentito dire) che siano gli altri a doversi mettere nei nostri panni, così che noi si possa dire le cose con parole nostre e risparmiarci tutta la fatica di cercare un’intesa.

Insomma ci sono persone che, sentendosi legittimate da frasi fatte come queste, si atteggiano a reucci cui il mondo deve inchinarsi.

A che ci serve l’empatia?

Mi riferisco alla parola empatia, così come la usiamo nel linguaggio corrente, e che significa all’incirca “capacità di mettersi nei panni di un altro”. Ecco, è precisamente questo che mi preoccupa.

Domanda: “Che utilità può aver, per me, indossare i panni di un altro?” Risposta impulsiva: “Provare le sue emozioni”.

Mettiti nei tuoi panni
a meno che tu non voglia giocare a “come sarebbe se…”:
pura sperimentazione

Trappola infernale! Io non posso provare le emozioni di un altro. Non sarò mai dentro i suoi panni, la sua pelle, la sua cassa toracica, il suo cranio! Io sono altro, o meglio sono l’altro rispetto a quell’uno che in quel momento sta provando un grande desiderio di farsi i fatti suoi in santa pace. Zero possibilità di empatia, dunque, a meno di non andare a far danni in casa sua.

P. S. sull’empatia: lasciamo questo genere di cose a chi è addestrato per farlo. Voi e io possiamo imparare a stare nei nostri panni e a coltivare altre abilità.

E se ci esercitassimo in simpatia?

Simpatia è una parola meravigliosa, ricca, calda, amichevole e, soprattutto, è modesta, una parola di famiglia. Significa sintonizzarsi con.

Com’è una persona simpatica? Una che incrociando il tuo sguardo ti sorride e ti fa sorridere, anche se hai la gastrite e un diavolo per capello. Quella persona, ci si può scommettere, non ha nessuna intenzione di mettersi nei tuoi panni, forse ne ha già abbastanza dei suoi, Anzi è probabile che avendo a sua volta un diavolo per capello non cerchi di aiutare proprio nessuno, se non se stessa, rendersi la giornata un poco più luminosa simpatizzando con un altro essere umano, forse il solo che non stia a capo chino sullo smartphone.

Dillo con parole mie

Dillo con parole tue“: incoraggiamento criminale di insegnati mediocri! A che mi serve dire il teorema di Pitagora e L’Infinito di Leopardi con parole mie? Stiamo scherzando, vero? Enunciare un teorema e recitare una poesia significa usare le parole di un altro, uno che quelle parole le ha cercate e le ha scelte, ci ha lavorato, le ha sudate per trasmetterci qualcosa in modo elegante.

Dillo con parole mie:
esercitarsi ad ascoltare come suonano le parole da imitare

Un insegnante onesto dovrebbe incoraggiare i suoi allievi a usare quelle parole, a copiare quelle forme di pensiero affinché ciascuno impari che ci sono molti modi di dire le cose: più se ne conoscono, più si è bravi a spiegarsi, farsi capire, intendersi. Controprova: quando andate all’estero chiedete un caffè con parole vostre, cioè in italiano? Auguri!

Se a scuola ci insegnassero a copiare diventeremmo persone simpatiche

Copiare richiede intelligenza e umiltà. Se non fosse per gli amanuensi e il loro ricopiare oggi saremmo privi di tanto sapere dell’antichità. E non che stessero lì semplicemente a trascrivere parole, ci mettevano del loro, decoravano le pagine con disegni e illustrazioni e qualche volta travisavano o inventavano di sana pianta. Come gli scolari in gamba.

Un maestro in sintonia con i suoi allievi è capace di leggere la firma di ciascuno di loro (anche in un compito copiato, anonimo e scritto al computer) per la qualità dell’errore, sia stato creato ad arte o no. E dunque, copiare non ci priva della nostra personalità, al contrario ci aiuta a costruircene una seguendo un modello finché non abbiamo imparato come funziona e possiamo distaccarcene. Ma cosa è accaduto mentre copiavamo? Che abbiamo affinato le nostre capacità di ascolto e di imitazione:ci siamo esercitati in simpatia.

Parlarsi addosso

Quando dico con parole mie metto in mostra il servizio buono a casa mia; quando cerco le parole che vanno bene per l’altro vado a trovarlo a casa sua con un mazzo di fiori. In quale situazioni raggiungerò risultati migliori? Essere ascoltati e compresi è una gioia che dobbiamo guadagnarci usando la cortesia intelligente di accogliere le parole dell’altro per rivolgerci a lui.

È il gioco del comunicare, ma attenzione: non vale usare i verbi all’infinito con uno straniero e onomatopee idiote con i bambini. Il sotto-testo è: tu sei un minorato (cioè hai meno sale in zucca di me) e allora ti faccio le cose facili. Pessimo monumento di presunzione.

Chi offende si difende

Offendere-difendere: interessante binomio che ci fa venire in mente duelli all’ultimo sangue. E non c’è bisogno di andare indietro nel tempo, basta pensare alle ordinarie tenzoni tra automobilisti.

Offendere non è semplicemente una mancanza di cortesia, è ferire qualcuno allo scopo di ottenere quella ragione di cui abbiamo disperatamente bisogno per sapere che esistiamo. Chi offende deliberatamente qualcuno porta appeso al collo come uno scolaro somaro d’altri tempi la scritta IO MI SENTO DEBOLE.

Quel signore che in altre circostanze potrebbe definirsi distinto che ora vomita insulti contro un altro, reo di avergli soffiato il posteggio, sta dicendo con parole sue che lui c’è, che non lo si può ignorare, che sta patendo un’ingiustizia e che lui non sa che fare per farsi rispettare e farsi dare la ragione che gli spetta, a prescindere.

Il magico potere della resilienza

Mettiti comodo nei tuoi panni e rivolgiti all’altro con parole che possa condividere con te: assertività. Quando verrai colpito nel vivo (nessuno è invulnerabile!) sarai abbastanza a tuo agio con te stesso da rimettere insieme i cocci: resilienza.

Il magico potere della resilienza:
quando il gioco si fa duro lasciare che i duri se le suonino tra di loro.

Diversamente sarai come un bambino viziato (difettoso, fallato) che urla per ottenere ciò che vuole poiché non dispone di altri mezzi per raggiungerlo. Uno che dipenderà sempre dalla benevolenza e dall’arbitrio altrui. Se ne vedono molti in giro.

Exit mobile version