Specchio del nostro modo di vivere il lavoro, la questione della pensione ci riguarda sempre, anche quando siamo ancora in piena attività lavorativa, poiché per molti di noi rappresenta una meta agognata che ci schiuderà le porte della libertà. La pensione, insomma, funziona come il luogo immaginario dove mettiamo a dimora i nostri desideri.

sei sicuro che la pensione sia la soluzione dei tuoi problemi personali e di lavoro?
D’accordo, i desideri sono importanti in sé e, a volerli leggere, sono anche lo specchio di ciò che ci manca. In altre parole, quando comincio a desiderare la fine del lavoro come una liberazione è perché mi manca la possibilità di trovare appagamento in ciò che faccio. Allora, invece di rimandare la questione a data da destinarsi (quella sempre più aleatoria della andata pensione), non sarebbe più utile domandarsi ora: “come sto vivendo il mio lavoro?“. Vale anche per “la mancanza di lavoro” e “la ricerca di un nuovo lavoro“.
Un amico che passa il weekend sul divano – un occhio al televisore e uno allo smartphone – mi racconta che tra un paio d’anni, quando sarà in pensione, conta di andare in giro con la figlia, ora adolescente. Mi è mancato il cuore di fargli notare che, probabilmente, tra un paio d’anni la ragazza sarà in giro per conto suo con l’Erasmus!
Lavorare è una parola
Sì, è una parola! Una parola che ci parla di pesi da portare come in job, gobba; di fatica (faticare sta per lavorare in alcuni dialetti) e persino di sofferenza (trabajo, travail). Sotto questo profilo il lavoro è un’autentica condanna all’ergastolo, che la pensione può commutare in pena detentiva pluridecennale. Si può campare così?

Un mondo diverso è possibile
Le parole che usiamo, però, ci possono anche svelare altre possibilità. Infatti travaglio, trabajo, travail sono parenti di travel, viaggio, e se ne capisce il motivo: per un popolo di isolani il viaggiare è un lavoro, non privo di rischi e sofferenze, certo, ma anche fonte di scoperte e di progresso.
Inventarsi il lavoro
Trasformare la nostra idea di lavoro da fatica a viaggio ci permette di vivere meglio ora, creandoci migliori prospettive per il futuro.
Anche quando siamo imprigionati dentro un lavoro che non ci soddisfa e che svolgiamo “solo” per lo stipendio possiamo considerarlo per quello che è, cioè un mezzo. Ciascuno di noi sa fare molto di più di quanto prescritto nel suo mansionario; ha interessi, ambizioni, capacità che non si esauriscono nella definizione da carta di identità: operaio, medico, casalinga, insegnante…

Avere a disposizione un castello e costringersi a vivere in una stanza
La trappola spesso ce la costruiamo noi, ritagliandoci la figurina di carta che ci rappresenta e che, col passare del tempo, diventa come la foto della patente che abbiamo fatto a 18 anni: non ci somiglia nemmeno più, ma noi ci siamo affezionati.
Combiniamo un sacco di disastri per restare fedeli a quell’immagine che – crediamo – ci fa sentire al sicuro, anche quando tutto ci dice che le persone, noi inclusi, e le situazioni si trasformano giorno per giorno. Il mio amico – che se ne sta all’ancora sul suo divano guarda la figlia spiegare le vele senza avere il coraggio di uscire dal porto – si racconta che ci sarà un domani in cui potranno traversare l’oceano insieme.
Occorrono molti anni per diventare giovani. Pablo Picasso
Al mio amico vorrei dire che si invecchia nello stile in cui si è vissuti. E, salvo mettere mano a un duro e onesto lavoro di ristrutturazione, si passa facilmente dal divano alla panchina con vista su cantiere.

Quindi se hai scelto di fare della pensione la luce che illumina il tuo percorso lavorativo, comincia ad allenarti a guardarti intorno e sincronizzare il tuo passo con chi ti sta al fianco, perché sono queste le abilità utili per dare forma, colore e gusto al tuo prossimo lavoro: inventarti la vita giorno per giorno senza più la protezione del dovere.