“Che senso ha…” introduce domande che possono essere: “che significato ha?” oppure “a che scopo?”. Ma anche come percepiamo coi sensi il mondo fuori di noi?

Chi abbia fatto esperienza del Camino de Santiago de Compostela sa che il “senso di marcia” è sempre molto chiaro. Il pellegrino impara fin da subito a cercare con la sguardo la freccia gialla che indica la direzione. Questa è una delle ragioni della popolarità del Camino: sapere sempre in che direzione andare. Ed è anche la causa dello sconforto che ti prende quando, attraversando una città o un grosso centro abitato, ti rendi conto che la flecha amarilla diventa meno evidente. A volte la freccia non c’è affatto perché prevalgono altri e contraddittori segnali che puntano ad altri sensi: circolare in auto, acquistare prodotti, fruire di servizi…
Senso di sicurezza
Paragono il Camino de Santiago a una bolla. Dentro questa bolla ci si muove in sicurezza, senza dover scegliere in che senso andare. Il senso di marcia è chiaro, poiché si sa sempre qual è la meta e come raggiungerla. La comunanza di intenti agevola la comprensione tra persone che, in altri contesti, incontrerebbero non poche difficoltà a comunicare sia per diversità di lingua sia per distanza socio-culturale.

Avere uno scopo comune permette di intendersi e di accordarsi
Quanti di noi, francamente, tollererebbero di dormire e condividere i servizi igenici con perfetti conosciuti? Quanti avrebbero immaginato di mescolarsi con una varia umanità oltre le regole fondamentali della prossemica?
Probabilmente solo un ristretto numero di pellegrini ha esperienza diretta della vita in caserma o in prigione. Qualcuno può avere ricordi giovanili di colonie o campeggi estivi con gli scout. In genere siamo annidati nelle nostre abitazioni, a volte da soli, a volte con le persone della nostra famiglia.
E dunque agli occhi di chi è estraneo al Camino la domanda è: “che senso ha sottoporsi alla scomodità, alla fatica, alla precarietà e all’incertezza?“
Perdita di significato
Ogni pellegrino si porta la sua casa addosso sotto forma di zaino. Lo zaino devi disfarlo, almeno in parte, ogni volta che arrivi e rifarlo ogni volta che parti, cioè ogni giorno.

Che significa l’indicazione?
Ho osservato una “sindrome del pellegrino“. I sintomi sono: frugarsi spesso nelle tasche; rovistare nello zaino; fare rapide ricognizioni del tavolo del bar dove si è pranzato o del letto dove si è dormito. Ho incontrato persone che avevano smarrito lo smartphone, la carta di credito, la credencial – il passaporto del pellegrino… io stessa ho perduto vari oggetti.
Ne ho concluso che si va sul Camino anche per perdere qualcosa: peso del corpo, dello spirito, dello zaino e, più sottilmente, il peso dei significati consueti.
L’insostenibile pesantezza dell’essere
Le camerate degli albergue a volte sembrano ospedali militari da campo e non solo per via delle brande di ferro. Ho sentito, alle 4.30 del mattino, un compassato signore inglese bestemmiare contro il suo camel back [la sacca per l’acqua che si infila nello zaino]. Ho visto una leggiadra giovane americana strabuzzare gli occhi in una crisi di panico sotto le travi troppo basse del solaio che ci ospitava mentre fuori la temperatura toccava i 40 gradi.
Ho distolto lo sguardo da piedi tumefatti e piagati da vesciche spettacolari. Caviglie come colonne di granito rosso. Eritemi solari, escoriazioni e ponfi da punture d’insetti grosse come uova di quaglia. Che senso ha? Com’è che persone adulte e generalmente in buona salute, provenienti da paesi ricchi, abbastanza benestanti da potersi concedere anche 5 settimane di vacanza si riducano così? Lo scopo è: provare ad essere anche altro!

Cercando una terza opzione!
Trovare il senso in ciò che ci accade
Sono convinta che, a saper leggere i malanni che hanno afflitti durante il Camino, potremmo conoscerci meglio. Osservando dove si sono formate le vesciche, acquisiremmo informazioni sulla nostra postura. E impareremmo qualcosa di nuovo sul nostro modo di porci nelle differenti circostanze. A che scopo? Trasformare i nostri dolori in pilastri della ri-strutturazione del nostro destino.

possiamo cambiare forma a ogni cosa facendone esperienza
Abbracciare chi ti volta le spalle
È consuetudine che, una volta giunti a Santiago, i pellegrini si rechino nella cattedrale. Qui, salendo un ripida scaletta di pietra dietro all’altare maggiore, si va ad abbracciare la statua di San Giacomo rivolta verso la navata centrale. Che senso ha, abbracciare una statua che, per giunta, ti volta le spalle? A misurare su quell’abbraccio freddo e non ricambiato il calore di tutti gli abbracci umanamente autentici che hai dato e ricevuto durante il tuo Camino. E a prepararti a quelli con in quali, probabilmente in lacrime, presto ti congederai dalla tua “famiglia del Camino“.
Il Cammino di Santiago è una narrazione, il senso glielo dai tu.
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