Site icon Metodo Colloquio

Recovery Fund

Recovery Fund, dove attingere le risorse per rimettere insieme la vita?

Niente sarà più come prima.

Caro Pietro,

ci stiamo dando un gran daffare per rimettere le cose a posto come si fa col salotto dopo una festa, ma questo è stato un cataclisma e non basterà raccogliere le bottiglie vuote e bicchieri macchiati di rossetto, passare l’aspirapolvere e raddrizzare i soprammobili.

Questa volta molti resteranno sotto le macerie, da dispersi. I morti sono morti, e poi ci sono quelli di cui nessuno ha registrato la scomparsa che verranno alla luce a poco a poco con l’accumulo di bollette non pagate e le tasse non versate. Morti viventi, bravi cittadini che hanno risposto puntuali alla chiamata della vaccinazione di massa, credendoci, per il bene loro e della comunità e che di questa salute non sanno che farsene perché non hanno più un lavoro, hanno perso la persona che amavano, sono stati incapaci di coltivare relazioni a distanza.

Vite senza scopo, esistenze vuote.

La mia vita è una di queste. Ho capito presto che quando fossimo ritornati a uscire nel mondo molti di noi sarebbero stati più vecchi e non di mesi, di anni: avremmo fatto uno scatto di anzianità. I bambini sarebbero diventati ragazzini, i ragazzi giovani adulti, gli adulti persone mature, quelli di mezza età vecchi.

È normale che in seguito a una crisi coloro che stanno ai margini vengano spazzati via come lo sono le case costruite sul greto di un fiume che esonda. Eppure noi marginali non siamo spariti, siamo ancora qua a boccheggiare, vivi grazie al benessere in cui siamo cresciuti e vissuti in questa parte di mondo e ci troviamo nella oscena condizione di non sapere che farcene della vita che abbiamo avuto salva.

Di chi è la responsabilità se non di ciascuno di noi?

Le guerre del passato, in questa parte di mondo, sono state secondo alcuni una forma di igiene del mondo. Qualcuno per fare un lavoro approfondito ha praticato lo sterminio di massa. Oggi da noi, in questa stretta e privilegiata fetta di mondo, le guerre non si praticano più e quando anche un virus sconosciuto e letale ha tentato di fare pulizia ecco che in quattro e quattr’otto si è trovato il modo di fermarlo così che noi fortunati cittadini di paesi benestanti avessimo salva la vita e traessimo in salvo l’economia.

E alcuni di noi, ingrati, che fanno? Precipitano nello sconforto.

Pare che durante le guerre la depressione non esista, che la depressione come il diabete sono malanni della società del benessere. E dunque cos’è questa cosa che mi tiene sveglia la notte dopo che mi sono coricata esausta di far niente? Perché non sono come le piante del balcone che nonostante vivano con le radici rattrappite dentro i vasi mentre la loro natura richiederebbe di espandersi liberamente nel terreno continuano a crescere, a germogliare e a fiorire? Se il loro essere vive dipende anche solo in minima parte dalla cura che ho di loro, allora significa che sono viva anch’io, anche se nessuno si prende cura di me.

E insomma, Pietro, ammettilo, il punto è semplicemente che la mia vita era andata in pezzi ben prima della pandemia e che quest’ultima, semmai, le ha dato una consistenza nuova di cui non so giovarmi poiché in qualche modo continuo a pensarmi come sarei dovuta essere se le cose fossero andate come avevo immaginato dovessero andare.

Che noia!

Il mondo è indifferente alla mia esistenza; la natura non ha più bisogno di me; la  cerchia delle mie conoscenze mi considera invisibile…Sono queste, Pietro, le ragioni che mi tengono sveglia la notte.

È la mia insignificanza a irrompere nei miei sogni e a farmi spalancare gli occhi, non la pandemia, la quale mi ha solo leggermente uniformato rispetto al malessere di tanti altri, ognuno infelice a modo proprio.

Ma tu come fai? Dove la cerchi la tua resilienza? Qual è il tuo recovery fund?

In cosa andrai a investire? Per cosa vuoi spenderti? Quando rivolgo queste domande a me stessa devo ammettere che la mia paura di vivere supera di gran lunga la paura di morire. E se anche tu stessi guardando al Covid come chi fissa il dito anziché alzare lo sguardo alla luna? C’è chi nega la malattia perché la teme e chi si nega una vita perché viverla significa correre il rischio di provare dolore ancora e ancora. Chi sta peggio?

Il tuo tempo è limitato, la sabbia corre giù granello per granello, e tu puoi solo stare a guardare.

Il tuo recovery fund è la sabbia che resta: non sai quanta sia, puoi solo avere cognizione del suo inesorabile passare, grato di essere presente a questo fluire. Il resto sono sciocchezze che ci inventiamo per ammazzare il tempo.

Exit mobile version